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Amniocentesi: utilità e pericoli

 
L’amniocentesi è una diagnosi prenatale che serve per individuare anomalie fetali come la sindrome di Down, la spina bifida, la fibrosi cistica, la sordità, la talassemia e molti deficit metabolici. Questo esame è consigliato sopra i 35 anni, in presenza di un primo figlio affetto da malattia genetica o in eventuali casi di familiarità. E' sempre consigliabile consultare il proprio medico per decidere se effettuare l'amniocentesi o avvalersi di qualche alternativa. L'amniocentesi viene effettuata tra la quindicesima e la diciottesima settimana di gestazione e generalmente comporta una forte dose di stress e di paura. L'esame consiste nel prelievo di liquido amniotico attraverso l'impiego di un lungo ago del diametro di circa 1,2 millimetri e sotto costante monitoraggio ecografico. L'amniocentesi si risolve nel giro di pochi minuti e non comporta forti dolori, ma vista la delicatezza dell'area trattata vengono sempre consigliati due o tre giorni di stretto riposo. In Italia questo esame è riconosciuto dalla sanità pubblica per le donne che hanno compiuto i 35 anni di età in quanto certe patologie sono strettamente collegate anche all'età della madre. E' giusto sapere che esami invasivi come l'amniocentesi comportano, anche se bassa, una minima percentuale di rischi. Capita spesso che durante le analisi il campione di liquido amniotico risulti insufficiente, rendendo così necessario un secondo prelievo. Il rischio di aborto a seguito dell'amniocentesi si aggira, invece, attorno allo 0,5% dei casi ed è di solito la conseguenza della rottura prematura delle membrane. Ma l'argomento è ancora oggetto di forti dibattiti. Sono in molti a ritenere che il rischio di aborto di chi si sottopone ad amniocentesi sia esattamente lo stesso di chi decide di non farla. Vista l'importanza dell'esame, comunque, la scelta rimane molto personale e dovrebbe essere fatta in massima libertà da ogni donna dopo aver preso tutte le dovute informazioni.
 
 
 
 

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