ads

Self cyberlulling, la nuova frontiera dell’autolesionionismo

 
Con il dilagare sempre più massiccio dei Social Network, come Facebook e Twitter, la vita di tutti noi è diventata sempre più visibile in rete, esposta e diffusa a centinaia di amici, virtuali o reali. Tutto questo, se da un lato semplifica la comunicazione, dall'altro non è esente da aspetti negativi, come ad esempio la diffusione dei fenomeni di cyber-bullismo tra adolescenti e ragazzi. Sempre più spesso sentiamo parlare di giovani depressi, isolati, spinti persino al suicidio dopo essere stati pubblicamente presi di mira, offesi e sbeffeggiati dagli "amici" in rete. Tuttavia, nelle ultime settimane, sta emergendo una tendenza ancora più inquietante. L'episodio riguarda una ragazzina inglese di 14 anni, Hannah Smith, che si è tolta la vita dopo aver ricevuto una serie di messaggi offensivi e minacciosi sul suo profilo in un social media. Un caso di cyberbullismo come gli altri? Purtroppo no: le indagini effettuate sul profilo della ragazza hanno mostrato che quasi tutti i messaggi in questione risultavano pubblicati dal suo stesso computer. Insomma, attraverso la rete, Hannah ingiuriava e minacciava se stessa. Per quanto tutto questo possa apparire una "novità",in realtà il self-cyberbullying è solo la nuova espressione di un disagio antico. Crescere non è facile, ieri come oggi (anzi, oggi anche di più...), e internet fornisce nuovi strumenti per manifestare al mondo la fatica ed il dolore del diventare adulti. Crearsi un profilo e condividere l'esperienza del social network con i propri figli, insegnandogli come "gestire il gioco" preservando la propria privacy e la propria sicurezza, può essere un modo non invadente ma efficace di monitorare la situazione e proteggerli dalle aggressioni esterne. Ma è molto più difficile insegnare loro ad affrontare la vita proteggendosi anche da se stessi. Per questo, oggi più di ieri, i genitori devono cercare di essere presenti nella vita dei figli, e cogliere nei loro comportamenti ogni possibile segnale di malessere. Essere vittime di auto-cyberbullismo trasforma in qualche modo i ragazzi, che si chiudono in se stessi, tendono a non voler uscire di casa od andare a scuola, faticano ad instaurare rapporti interpersonali "non virtuali" e mostrano disagio ed inquietudine quando utilizzano il computer, magari cercando di nascondere le schermate alla vista altrui. Questi segnali devono essere colti, e i ragazzi incoraggiati a chiedere aiuto e a parlare dei loro problemi, se non con i genitori anche con altri adulti con i quali abbiano stabilito un rapporto di confidenza e fiducia (un fratello maggiore, un insegnante, uno zio...). Solo condividendo i loro stati d'animo, se necessario anche con l'aiuto di un esperto - uno psicologo, ad esempio - i genitori possono riuscire ad essere di supporto ed aiutare i propri figli adolescenti a superare senza danni il disagio proprio di questa delicata fase della vita.
 
 
 
 

Guarda anche